Fra i tanti commissari che popolano il mondo della letteratura, uno è particolarmente caro a Wild: il taciturno e coltissimo Cosulich. Di lui conosciamo soltanto il cognome (il nome è Commissario, scherza l’autore Negri…), la passione per inesistenti scarpe Sklapas e poco altro.
In ‘Prendete e bevetene tutti’ il protagonista si trova catapultato dalla propria casa di Roma (lui è però di origini istriane) alla Franciacorta bresciana, per indagare su un caso che sembra un enigma.
Partiamo dall’inizio: la Mini di Mario Salcetti, noto produttore di vino, viene trovata carbonizzata in fondo ad un dirupo e le tracce di DNA rinvenute confermano che il guidatore è morto a bordo.
Un cadavere nel mondo del vino: un caso per Cosulich, a cui tocca quindi indagare, sebbene non sia, propriamente, un esperto di vini. E lo fa, da un lato affidando la pista del business al suo fidato e romanissimo ispettore Mastrantoni – che incappa in una serie di personaggi, ciascuno con un proprio movente per far fuori l’enologo – e dall’altro tenendo per sé, facendosene intrigare, l’ossessione di Salcetti: il rapporto fra vino e religione.
Guidato soltanto dal proprio istinto, il commissario si immergerà in un tour tra le più affascinanti abbazie d’Europa, per finire invischiato in un mondo popolato da monasteri, frati, cardinali e codici miniati… sino a quando Cosulich inizia a pensare che Salcetti abbia toccato con mano un segreto che la Chiesa è ben intenzionata a mantenere tale, perché potrebbe trasformarsi in un grosso affare economico.
Un nugolo di personaggi secondari attorniano il commissario, in un romanzo che non si tira indietro quando si tratta di parlare di vino, attraverso ricostruzioni storiche, afflati mistici e molto altro.
Mentre l’intreccio si snoda, a regola d’arte come in ogni buon noir, non c’è miglior modo che accompagnare lo scorrere delle pagine sorseggiando del vino. E la scelta, a questo punto, è quasi obbligatoria: le bottiglie sono marchiate “Ca’ del Vent”, casa del vento in dialetto bresciano, il nome con cui la casa è stata registrata nel catasto napoleonico. Siamo in provincia di Brescia, sul confine orientale della denominazione lombarda più famosa per la produzione di bolle, immersi nel Parco Naturale delle Colline dei Campiani di Cellatica a 400 m slm; la zona ha radici enologiche antichissime, risalenti addirittura all’insediamento del popolo celtico. Ma siccome da Wild siamo un pò “selvaggi” e simpatizziamo per chi si sente come noi e va contro corrente, abbiamo scelto di parlare di una realtà che ha deciso di non cambiare la propria natura per assecondare le regole e le convenzioni. E capirete il perchè fra poco.
La storia di Ca’ del Vent ha origine nel 1996, quando le uve vengono vinificate in garage anziché essere consegnate alla Cantina Sociale. All’inizio le attrezzature sono poche, quindi i metodi operativi sono molto semplici e grossolani. Ma il risultato è sorprendente. E allora si va avanti, fra difficoltà e alti e bassi. Fino al 2006 quando, acquisita la necessaria esperienza, vengono accorpati alcuni vigneti confinanti e si passa da realtà amatoriale a piccola azienda viti-vinicola di 6 ettari.
Nel 2015 le commissioni degustazione negano l’idoneità DOCG Franciacorta. Si decide di non procedere con la rivendicazione della denominazione per tutta la gamma dei vini atti a Franciacorta DOCG e anche del vino rosso atto a DOC Cellatica 2014. Da allora a Ca’ del Vent non si producono più vini a denominazione di origine, seguendo invece un personale percorso, anche più esigente rispetto ai disciplinari, ma più libero, ispirato da sensibilità, istinto e amore.
“Wild producers”, ci piacerebbe chiamarli così. Non perchè siano dei sovversivi per il gusto di esserlo, ma perchè non sentono la necessità di omologarsi per forza, di adeguarsi, e hanno il coraggio di dire che va bene anche essere diversi, fuori dal gruppo, pur di perseguire e di seguire la propria idea, la propria natura.
Il “credo” di Ca’ del Vent è questo : “ un vino deriva da uve figlie del terroir, valorizzate assecondando le naturali caratteristiche del terreno e del clima, e difese in modo ecosostenibile privilegiando strategie agronomiche alla somministrazione di prodotti che, nel caso di un loro utilizzo, siano naturali e non tossici per gli esseri viventi. In cantina l’obiettivo è vinificare senza aggiungere nulla, estraendo e utilizzando con sapienza solo ciò che è presente sulle uve e nelle uve, al fine di ottenere un vino unico, qualitativamente emozionante, digeribile e sano per la salute umana.”
L’approccio in vigna prende spunto da principi di pratiche biologiche e biodinamiche, e anche in cantina si assecondano al massimo le caratteristiche del terreno e del clima.
Diverse sono le etichette che ogni anno escono da Cà del Vént, dove, accanto a un unico bianco, troviamo diversi vini rossi e le bollicine, vero e proprio fulcro della gamma prodotta, che, non seguendo i canoni della denominazione di origine della Franciacorta, escono sul mercato con la dicitura “Vini Spumanti di Qualità”.
In foto il Memoria: pressatura diretta di uve Pinot nero (57%) e Chardonnay (43%). Decanta per gravità e fermenta con lieviti indigeni ( quelli già presenti sulla pianta), quindi sosta per 7 mesi in barrique. Niente stabilizzazioni e filtrazioni. Presa di spuma – le bollicine per intendersi! – si ottiene aggiungendo zucchero d’uva e si lascia affinare in bottiglia per 69 mesi. “Pas Operè” significa che quando si sboccano le bottiglie per togliere i residui della fermentazione si colmano con vino di altre bottiglie dello stesso lotto, senza aggiunta di zuccheri nè liqueur d’expedition ( una formula “segreta” che varia di azienda in azienda!) . Vera e propria chicca che esce ( ringraziamo il cielo!!) dai confini tradizionali di ciò che si aspetterebbe.
Uve e vini vitali, ricchi di energie; solo ciò che è morto precipita, ciò che è vivo cresce ed evolve.
Come per il nostro caro commissario Cosulich, anche a Ca’ del Vent si agisce secondo l’istinto, con un approccio energetico che si basa sulla capacità di percepire le vibrazioni, e di usare le energie vitali per convertire nuova energia.