Se ho deciso di cambiare direzione e dedicarmi ai vini naturali è per “colpa” di questo libro e del suo autore, Nicola Perullo, docente di Estetica all’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo, di cui ho avuto la fortuna di essere allieva durante il mio Master! Con Perullo non è stato amore a prima vista, anzi, all’inizio era battaglia aperta! Ma poi le cose cambiano, certe persone hanno la capacità di farti vedere le cose in maniera diversa e arriva il momento in cui ti chiedi come hai fatto a non capire prima.
Nel suo saggio Perullo propone un approccio nuovo e diverso al vino; anzi, propone una critica alla cultura del vino, parte dal vino per capire il vino nel mondo e non “il mondo del vino”. Il vino è un mezzo per sviluppare le qualità immaginative di ognuno di noi, è un punto di partenza per parlare di qualcosa di più grande. La vita. Il punto focale è questo: il vino non si gusta col gusto – bocca, naso, cervello; il vino si sente con tutto! Per questo il gusto “non è un senso ma un compito”, perché il gusto si fa, si costruisce un passo dopo l’altro, un bicchiere dopo l’altro, un’esperienza alla volta. Gustare il vino è un atto partecipativo, e non un banale confronto di caratteristiche, o l’applicazione costante di regole fisse. Quando beviamo un vino non dovremmo farne una radiografia per poi chiederci “cosa devo sentirci”? Ecco, epistenologia ( ciò che facciamo col vino quando lo incontriamo) propone questo: rompere un immaginario fatto di schemi, di pose, di oggettività ad ogni costo e di vocaboli prestabiliti. In questo caso non c’è bisogno di guru che indichino la via, ma anzi ciò che importa è continuare a esplorare le strade che grazie al vino ci vengono suggerite, e creare immagini, storie con lui. Si tratta di ritrovare la nostra soggettività e non vedere il vino a distanza di sicurezza, ma lasciarsi attraversare.Il vino deve essere un compagno di viaggio da prendere per mano, per riportarlo al suo fantastico ruolo di scintilla che fa creare immagini, che stimola la fantasia, il ricordo, l’immaginazione di memorie passate e future. Tutto ciò che accade nell’esperienza del vino contribuisce a educare il gusto; non si tratta di degustare in modo analitico, ma di bere in maniera intenzionale, presente, con tutti i sensi. E l’esperienza che abbiamo fatto con questo vino oggi, questo giorno, non sarà la stessa di domani o del prossimo anno, perchè le condizioni, l’ambiente, noi saremo cambiati. Ecco che si creano nuove immagini, nuovi ricordi, un nuovo sentire. Se bevessimo un vino con un gruppo di amici seduti a un tavolo e se poi ripetessimo la bevuta “alla cieca”, senza nascondere l’etichetta, ma coprendo gli occhi dei bevitori, la seconda volta avrebbe tutto un altro sapore! Il vino si compone di tanti attori: la bottiglia, chi la beve, ciò che sta attorno e ciò che abbiamo dentro! Componenti che ogni volta necessariamente cambiano, così come la nostra esperienza con quel vino, il nostro incontro con il vino.
Ma per questo e molto altro vi invito a leggere le parole dell’autore, che di immaginazione e di suggestioni ne ha infinite!